Riccardo vive molto frequentemente in Giappone. Molto del suo tempo lo spende nella ricerca di sé e dei suoni lasciandosi avvolgere amorevolmente dai misteri che lo affascinano e sono in grado di innescare in lui nuovi processi di trasformazioni.
Ci ha così tanto incuriosito il suo fare che non potevamo non intervistarlo.Ed è nata, così, questa intervista-dialogo.
Riccardo da da tempo la scienza ma anche il mondo della musica si interroga su come trasformare i segni già inventati in musica (ovviamente senza inventare nuove immagini). Ora arriva Shinnen che sembra partire da una ricerca che entra di fatto nei labirinti emotivo-filosofici-culturali degli ideogrammi giapponesi. Come è nata questa tua esigenza e su quali radici si fonda?
Scientifiche? Culturali? Di mera sperimentazione?
L’idea di ricercare al di là dei segni già conosciuti e di farli interagire con gli ideogrammi penso sia arrivata pochi mesi dopo il mio arrivo in Giappone. L’approccio ad un mondo così nuovo e diverso ha sicuramente innescato in me dei processi di trasformazione e così delle nuove prospettive su aspetti già conosciuti della vita e della musica. Direi quindi che è stata una esigenza culturale, una volontà di comprendere.
Quali segreti ti ha svelato questo viaggio metafisico?
Cosa mi ha svelato? Mi ha innanzitutto aperto gli occhi su alcune delle interazioni possibili tra il linguaggio scritto, le linee in generale e la scrittura musicale. Mi sono divertito molto a “creare un metodo” fatto di regole per tradurre. Mi ha divertito ancora di più cercare di piegare quelle regole quando il risultato non mi soddisfaceva.
Shinnen non è soltanto un viaggio metafisico nei segni o no? E’ anche frutto dei viaggi da e per il Giappone?
Il viaggio sicuramente è stato anche un percorso reale. Mi sono trasferito a Tokyo con qualche soldo da parte e la prospettiva di restarci tre mesi, sono ormai quattro anni che vivo qui. Dopo lo shock iniziale/linguistico/ culturale (e perchè no, alimentare), è arrivata la parte legata al visto di lavoro, gli uffici immigrazione, il dover uscire dal paese alcune volte per rinnovare il visto. Proprio in quelle occasioni sono stato a Taiwan e anche quel viaggio ha contribuito alla idea del “musical-shodo”. In cinese gli ideogrammi molte volte sono scritti alla stessa maniera ma la pronuncia è diversa e così il loro significato. Per farla breve un cinese comprende le parole giapponesi perchè capisce il senso degli ideogrammi ma non sa pronunciarne i suoni. L’opposto del concetto di alfabeto, per cui possiamo leggere qualunque parola ma non capirne il senso.
Parlando dei tuoi progetti non nascondi la tua esigenza di essere pioniere di una esperienza nuova protesa alla ricerca di un linguaggio musicale più universale e comprensibile.
A che punto sei di questa ricerca? Shinnen è la sintesi che cercavi?
Sono ancora molto lontano dalla sintesi e sento che il viaggio continuerà ancora. Mi affascina molto per ora il concetto di forma, di linea. E’ difficile da spiegare ma comprendendo un popolo mi pare di comprendere la forma con cui ha plasmato le sue città, i suoi treni, elettrodomestici, cibo. Con Shinnen ho provato a spiegare il modo in cui percepisco questo sistema di “forme” giapponesi attraverso un linguaggio che mi è familiare come quello musicale. In questo senso un rapporto mi pare ci sia. La rappresentazione astratta musicale nel mio caso vuole rappresentare immagini, mimandone le linee. Più difficile invece nella parte di improvvisazione rendere il significato dell’ideogramma. Ognuno di noi ha la propria “immagine” legata al vuoto – Mu ad esempio e ha un diverso modo di rappresentarlo con i suoni.
Shinnen è anche ricerca di nuove sonorità non esistenti in natura?
Fin da bambino ho avuto la sensazione che la musica fosse magia, ma magia naturale. Ricordo di essermi spaventato molto quando un giorno (avrò avuto forse sei anni) fingendo di condurre una orchestra immaginaria in giardino, ad un mio movimento del braccio è seguita una folata di vento che ha smosso l’erba. In fondo quel momento che ricordo così bene mi ha sempre spinto ha scendere nel profondo degli aspetti tecnici della musica ma senza mai scordare la naturalezza con cui il tutto andrebbe eseguito e percepito (da me musicista e dal pubblico). Cultura, apprendimento e sempre ispirazione.
Siamo cresciuti con i suoni prodotti nelle nostre menti dalle copertine dei vinili che hanno segnato la storia della musica sia prog che rock, ipotizzando che la musica sia anche matematica , mi viene spontaneo chiederti se tra i suoni delle immagini e le immagini dei suoni sia possibile tentare una quadratura? Il punto di partenza coincide con il punto di arrivo?
Sono convinto che la musica “vera”, non importa il genere, venga percepita come tale da un ascoltatore. Una somma di aspetti tecnici levigati dal carattere di chi la esegue. Il problema è l’ineducazione culturale del pubblico, dicono in molti. Per me il problema è un po’ diverso. Un sorriso, il mettersi in gioco su un palco, mostrare quello che si è senza la pretesa di dover dimostrare nulla, questo manca a volte alla mia categoria e a me per primo. In quel modo si arriva alla gente, la si introduce al proprio linguaggio, la si accompagna per mano attraverso le proprie linee. In Italia si critica molto chi fa, solo perchè ha fatto.
Noi siamo il prodotto della nostra storia frutto, a sua volta, delle scelte fatte: le tue in che direzione vanno ma soprattuto da quali scelte provengono? Parlo delle scelte che, alla luce dei fatti, puoi definire fondamentali per te stesso.
Scelte. Il fatto di aver sempre viaggiato molto: ho vissuto a Venezia mentre frequentavo un master a Milano, viaggiavo due volte a settimana; ho frequentato le medie in un paese diverso da quello in cui abitavo per studiare chitarra classica. Allontanarmi dai luoghi sicuri mi ha condotto fino in Giappone. Leggere tanto, da Calvino a Mann, Fitzgerald, Dickens, Doyle, Modiano, Magris…visitare musei, conoscere le persone. Incontrare mondi diversi in tutti i modi possibili. Nutrirsi di arte. La rinuncia alle scelte più comode a volte mi ha ripagato. Per anni mi sono imposto di studiare almeno un paio d’ore anche a Natale e capodanno, sembra una follia lo so ma ho scritto “Tooi” un 31 dicembre.
Shinnen è un capitolo isolato?
Vivrà sviluppi in continuo divenire?
Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
Le linee continuano ad affascinarmi molto e sto continuando in quella direzione. Interazione delle linee per ora, due o più. Da marzo inizierò una serie di concerti con un mio trio qui a Tokyo, nuova musica e nuove ricerche. Spero di poter registrare qualcosa entro la fine dell’anno.
di Giovanni Pirri